Nota
dell'autrice:
Questa ff nasce come
un esperimento narrativo e stilistico….naaaaa ma che dico…nasce invece
dalla voglia di far coincidere presente e passato…e come ho detto ad Alex…pensare
che queste due dimensioni temporali sono unite…un tutt’uno, come dire che
Oscar sono sempre qui, nella nostra nostalgia, e lì nella fantasia
dei nostri ricordi…
Tutto qui… ^_^
Lo
Specchio Addormentato
VIII°
parte
La donna era cosciente del fatto
che si stava comportando in modo irresponsabile…oramai era fuori da quasi
un mese e non sentiva il desiderio di rientrare a Parigi…aveva dato disposizioni
molto chiare a Rosalie…le aveva chiesto di sospendere tutti gli allenamenti
con la squadra e di occuparsi lei della casa e della tenuta insieme a pochi
collaboratori per le mansioni più pesanti…
Percorreva le strade più
isolate della campagna meridionale della Francia: la costa azzurra, la
Provenza…percorreva quelle strade senza una meta…tornare a Parigi era come
ammettere la sua sconfitta, ammettere definitivamente la sua assenza…si
sentiva incapace di riprendere il suo posto…il mio posto…la mia vita…?
È come se niente avesse più senso… Ormai era sera…doveva fermarsi
per la notte, aveva guidato tutto il giorno…aveva notato sulla strada l’indicazione
per un agriturismo…non sarà male…
Girò e, dopo poco, cominciò
una strada sterrata che portava verso una collinetta, aveva cominciato
a piovere e dal parabrezza la donna non riusciva a vedere molto bene…una
curva stretta e si ritrovò nello spiazzo di quello che doveva essere
l’agriturismo…ma aveva tutta l’aria di un vecchio monastero…
toh…un vecchio monastero…sembra
uscito da qualche libro di storia…mi piace… Corse fuori dalla macchina
e si diresse verso il portale di legno…provò a battere…nessuno rispondeva…intanto
pioveva abbondantemente…la donna era ridotta ad un pulcino bagnato…alla
fine sentì dei passi lenti che si avvicinavano dall’altra parte
del portale…
“C’è qualcuno?”
“Sì…ecco…ho visto l’indicazione…vorrei
fermarmi”
Una porticina più piccola
di legno si era aperta…era un vecchio frate…
“Ragazza mia…entra dentro!
Riparati sotto l’ombrello… forza…”
La donna non se lo fece ripetere
due volte, stava già tremando dal freddo…il frate la condusse all’interno
del chiostro e poi in un ampia sala che doveva essere il refettorio…entrò
in un altro tempo… non passarono molti minuti che arrivarono altri frati
e anche delle altre persone, gli ospiti di quello strano agriturismo…
Il vecchio monastero dei francescani,
da vent’anni, si era organizzato per accogliere dei villeggianti…era molto
antico…due o trecento anni…i monaci “moderni” avevano preso la decisione
di buttarsi negli affari, soprattutto, per mantenere in piedi quella
vecchia struttura e per continuare a mantenere viva la tradizione di accoglienza
per i pellegrini…moderni ma pur sempre pellegrini.
La donna conobbe tutti in pochi
minuti…sentiva nell’aria un atmosfera famigliare e accogliente…rimase lì
per alcuni giorni…e si diede da fare come gli altri ospiti…i monaci offrivano
vitto e alloggio in cambio di aiuto nei campi…tutto sommato era una cosa
che andava anche di moda…
Uno strano senso di serenità
la avvolse in quei giorni…stava passeggiando nel chiostro antico, lì
c’era un roseto magnifico…quel luogo la attraeva stranamente…
“Vedo che ti piacciono le rose?”
L’anziano frate, che alcune
notte precedenti era venuto ad accoglierla, le rivolse quelle parole gentili…parole
che nella mente della donna risuonavano lontane…e vicine…un brivido le
percorse la schiena…
“Oh è lei…buon giorno!”
“A te figliola…”
“Fratello..mi togliete una
curiosità?”
“Dimmi pure”
“Questo roseto…è molto
antico?”
“Quanto questo luogo…prendi
una rosa…assaporane il profumo…”
La donna obbedì…l’immagine
di lui la stravolse come quel profumo..intenso e delicato…prezioso…
“A cosa stai pensando?”
La domanda la scosse…ma non
seppe trattenere la sua tristezza…
“Mi ricorda una persona che
mi era vicina e che ora è lontana..per colpa mia…”
“Se è così…allora
questo non è il tuo posto…”
Quel vecchio frate aveva ragione…la
donna accostò il fiore al suo viso…lasciò che quei petali
le baciassero la guancia…come se quel tocco fossero le labbra…di lui…
di Andrè.
Il palazzo dei Jarjayes era
vicino…aveva percorso la strada da Parigi senza quasi mai fermarsi…solo
il tempo per dare al cavallo la possibilità di riposarsi…il desiderio
di rivederla, seppure da lontano, era fortissimo…
Andrè aveva fatto in
modo di arrivare in coincidenza del tramonto…si sarebbe avvicinato con
il buio…si era assicurato che il vecchio capanno di caccia fosse ancora
agibile…là avrebbe riposato e nascosto il cavallo…
Da lontano aveva notato che
il palazzo era pieno di servitori e valletti…le sorelle e i piccoli…ma
non era preoccupato per questo motivo…conosceva quei luoghi come nessun
altro…e conosceva le abitudini di Oscar…sapeva che dopo cena avrebbe fatto
una passeggiata nel parco…e avrebbe atteso quell’istante in un febbrile
silenzio…
In quel momento, però,
ebbe un dubbio…ma che cosa voglio fare?rimanere nell’ombra per tutta
la vita?guardarla da lontano…proteggerla nel silenzio…?e se invece decidessi
di tornare…ma che giustificazioni potrei dare…la cecità?…e poi quella
notte… E se Oscar mi scacciasse…questa possibilità non sarebbe illogica..sono
un vigliacco…ma io l’amo…devo rivederla…o sarebbe il mio cuore a divenire
cieco… Quei pensieri angosciavano
Andrè nel profondo e non si accorse di essersi avvicinato pericolosamente
al palazzo…le finestre del grande salotto erano a pochi metri…la luce dei
candelabri…le risate ciarliere dei bambini…le risate cristalline delle
sorelle di Oscar…
Andrè non seppe trattenersi…pochi
passi e avrebbe potuto vedere all’interno…ma un ombra si avvicinò
alla finestra…avrebbe riconosciuto quel profilo snello ed elegante…anche
se i suoi occhi non fossero guariti…Oscar…tu… Andrè di nascose in
un angolo che comunque gli permetteva di osservarla…non riusciva a vederne
il volto…il riflesso dei vetri e la luce alle sue spalle glielo impedivano…
Le sue mani sottili armeggiarono
con la maniglia…stava aprendo la finestra…Andrè vide poi il corpo
di Oscar spinto improvvisamente verso l’esterno…era già pronto a
balzare fuori per assicurarsi che non fosse un pericolo…Andrè tornò
ad acquattarsi solo quando si rese conto che quello era uno scherzo di
un bambino…
“Allora?”
La sua voce limpida…ironicamente
severa…Andrè avrebbe voluto urlare…stava per scappare via quando
vide la sua Oscar piegarsi e sollevare il bambino…Oscar…ma che fai? Oscar si appoggiò sul
bordo della finestra…era di profilo…Andrè ora la vedeva..la luce
ne illuminò il volto…i capelli…il lungo collo sottile…la vide
prendere in braccio quel bambino…era biondo, occhi azzurri…potrebbe
essere tuo…figlio…nostro figlio… “Allora? Mathieu…”
Il piccolo le cinse il collo
con le braccia…la strinse…ridendo…era il piccolo di AnneMarie…
“Ma io come ti devo chiamare?….madamigella
o signore?”
La tenera e spietata ingenuità
dei bambini… come te Oscar quando eri bambina…non sapevi ancora la differenza
fra uomo e donna…ed ora dopo anni e dolore…è come se fossimo
ancora lì…di fronte ai nostri nomi incisi nel legno… Andrè si aspettava che
Oscar lasciasse scendere il bambino e se ne andasse…invece vide negli occhi
della sua donna una malinconia profonda…e sentì la sua voce farsi
dolce e protettiva…
“Come mi devi chiamare?…Zia…Zia
Oscar” e la sua mano accarezzò quella piccola e arruffata criniera
bionda…Andrè piangeva in silenzio…e in silenzio si allontanò…